Quando l’attuale Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, definì in Israele il Fascismo come , scrissi su queste pagine un articolo dal titolo . E’ di questi giorni la querelle tra Fini e Berlusconi e molti si domandano quale sia in realtà lo scopo del Presidente della Camera, il cui comportamento non appare logico, ma non può certamente essere liquidato dai suoi alleati con un conflitto personale tra lui e Berlusconi o dagli avversari del Governo come la nascita del santo vendicatore dei presunti misfatti berlusconiani che dalle future ceneri del PDL prenderà la guida del Paese, con i consenso degli uomini del PD, orfani di persone alle quali affidarsi per portare avanti un pensiero che pochi sanno oggi quale in realtà esso sia.
Anche perché è palese che nessuno sa nemmeno quale sia il pensiero guida del PDL: in entrambi gli schieramenti prevale essere , anti comunista o anti PD e anti Berlusconi o, magari, anti Bossi, piuttosto che essere propositivi di un programma chiaro, condensabile in linee guida comprensibili per tutti, come i dieci comandamenti. Perché i programmi dei partiti oggi sono costituiti da decine e decine di pagine nelle quali è scritto tutto ed il contrario di tutto, sicché alla fine divengono sostanzialmente eguali, specie per chi non abbia la voglia di diventare un addetto ai lavori.
Fini dichiara di pensare, tenta i pensare, fa credere di pensare: questo è il fatto nuovo, questo è il suo cavallo di battaglia che non ha obiettivi immediati, ma è indirizzato al futuro, come emerge anche al nome della sua fondazione di riferimento, Fare Futuro.
Nell’articolo scritto nel 2004 dal titolo ricordavo che l’attuale Presidente della Camera, dopo aver chiarito di aver compreso di essersi sbagliato in tutti i giudizi precedentemente da lui formulati su Mussolini ed il Fascismo, aveva affermato di essere antifascista e di ritenere il Fascismo come il «male assoluto» e che, successivamente, aveva mitigato tale dichiarazione, affermando che la stessa era riferita esclusivamente alla shoa.
Osservavo allora che la componente del partito con sangue missino doc aveva reagito più o meno malamente, chi protestando a denti stretti, chi a mezza bocca e qualcuno a voce più alta, ma che quasi nessuno dei parlamentari aveva lasciato il partito.
Ritenevo che tale mancata reazione non derivasse solo da ragioni di convenienza politica, ma dal fatto che la maggior parte dei seguaci di Fini credeva che in realtà Fini non pensasse quello che aveva detto.
Rappresentavo come la sostanziale mancanza di fiducia nelle parole di Fini fosse rinvenibile sia tra i suoi (ex) camerati sia tra i suoi avversari, i quali, colti alla sprovvista, prima avevano detto di apprezzarne le parole e, poi, avevano affermato che le stesse non bastavano per allontanare Alleanza Nazionale dall’accusa di essere un partito post fascista.
Così in quei giorni la italica commedia degli equivoci riprese la propria consueta rappresentazione, e Fini rimase l’unico a sapere cosa egli esattamente pensasse di un periodo storico finito nel 1945, con l’assassinio del Duce, che tanto infiamma ancora la dialettica politica del terzo millennio.
Rimase il quesito se lo stesso Fini avesse ancora delle opinioni sul tema o se, piuttosto, sul punto egli avesse semplicemente deciso di smettere di pensarvi, avendo la volontà di liberarsi di quello che riteneva essere diventato un inutile fardello da relegare alla storia.
In più di una occasione Fini, parlando con quei suoi collaboratori che ancora si chiamano tra di loro con il termine di camerati, ha spiegato l’importanza per il futuro di storicizzare il Fascismo, senza accorgersi che il problema non era tale concetto, sostanzialmente condiviso da tutti gli ex missini nati dopo il 1945 che avevano aderito ad Alleanza Nazionale, ma il percorso seguito per affermarlo. Un percorso nel quale il passato di tanti veniva calpestato e non archiviato in nome di una visione del futuro nella quale molti trovavano difficoltà di riconoscersi, perché ogni essere umano ha necessità di ancorarsi ad un qualcosa del proprio passato per evitare di essere travolto, come una bandiera durante il vento di tempesta.
Non importa se il passato sia un credo religioso, un ideale politico, un amore, una azione positiva della propria vita, perché il passato è uno dei motori del presente ed una spinta propulsiva per il futuro, anche quando esso sia ritenuto negativo e si abbia la volontà di uscire da quel tunnel.
Come allora ritengo Fini un uomo troppo intelligente e politicamente colto per dubitare che egli abbia letto i testi i quali distinguono la psicologia individuale da quella delle masse destinatarie dei messaggi mediatico / politici. Come fece nel 2004, utilizzando certi termini nei confronti del Fascismo, anche oggi Fini vuole stimolare delle reazioni che gli consentano di utilizzare la contrapposizione quale cassa di risonanza.
Più Berlusconi parlerà di Fini e più la sua contrapposizione con il Presidente della Camera oscurerà l’attività del Governo e metterà anche l’opposizione in un angolo, perché mediaticamente è più interessante leggere le critiche interne al PDL di Fini che le solite contestazioni di Bersani o di Di Pietro.
Il disegno dell’ex leader di AN è chiaro, intelligente ed effettivamente proiettato verso un futuro nel quale ipotizza la sostituzione della personalità del Berlusconi un po’ democratico ed un po’ dittatore sudamericano con quella di un uomo dal pensiero assoluto, il Fini assoluto, come avevo ipotizzato allora.
Quale sia il pensiero del Fini assoluto è il vero mistero: un fascista nell’intimo, un democratico convinto, un laico che difende la religione, un nazionalista o un europeista convinto?
O forse tutto e nulla, in perfetto stile italiano dove l’opportunismo è pagante….
Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma
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