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Ore 15 del 13 giugno 2013. Torno sconsolato e un po' incazzato dall'Assemblea dell'Ordine romano destinata all'approvazione del bilancio. Ubbidiente alla convocazione mi ero presentato qualche minuto prima delle 13 all'ingresso dell'Aula Avvocati del Palazzaccio insieme a un mio vecchio Amico e Collega. Niente da fare. L'Aula, modesta per capienza e decoro, era già inaccessibile e stracolma; gli avvocati straripavano nello spazio esterno antistante, nei corridoi e soprattutto... nel caffè del Palazzaccio. Per di più la area antistante l'aula era accuratamente recintata e vigilata per impedire forse che qualche avvocato si appropriasse delle sedie accatastate in gran numero oltre la recinzione. Dentro e fuori l'aula nemmeno l'ombra di un posto a sedere, problema non da poco per Avvocati giovanissimi come il sottoscritto: non c'era nemmeno spazio per appoggiarsi al muro o per sporgersi dal loggione secondo antiche tradizioni goliardiche e teatrali. Il mio Amico, assistito dalla fortuna, era riuscito a collocarsi nell'unica sedia libera fuori dall'aula ma dopo qualche minuto, per galanteria, ha lasciato il posto a una non più giovane collega piuttosto malandata che lo aveva... perentoriamente (!!!) invitato a lasciarle il posto. Così abbiamo per un po' bighellonato da un collega a un altro scambiando facezie. Avevo in animo di rinnovare, in un breve intervento, l' invito a reagire alle prepotenze che troppo spesso subisce l'avvocatura italiana, ma il Presidente ha seccamente avvertito che non sarebbero stati ammessi interventi non strettamente attinenti il bilancio, quasi che, in un organismo di categoria, l'esame del bilancio non comporti necessariamente l'esame dell'attività svolta che il bilancio necessariamente fotografa. E' seguita, come d'uso, la lettura dei decessi di colleghi verificatisi nell'anno. Quindi travolti dalla stanchezza e dalla depressione il mio Amico ed io ce ne siamo andati riflettendo sui lontani fasti dell'Ordine romano e sulla improvvida organizzazione dell'assemblea alla quale avevano diritto di partecipare gli oltre ventimila avvocati iscritti. Come si poteva pensare di ospitarli in un'aula che contiene a stento tre - quattrocento posti ? Mi chiedo: non si poteva ottenere per l'assemblea annuale dell'Ordine di Roma l'Aula Magna visto il grande salto di reputazione del Consiglio Romano riferito dal Presidente, per essere stato ammesso, nientedimeno, a svolgere un intervento di benvenuto in occasione dell'insediamento del nuovo Primo Presidente della Suprema Corte? In alternativa, non si poteva disporre di un qualsiasi altro locale più capiente, magari affittando un cinema o un teatro come si è fatto in un passato non lontano col Teatro Olimpico e con il più modesto Teatro Manzoni ? Nessuno ci ha pensato o forse non si faceva conto su tante presenze. O forse si preferiva limitare le presenze ai più impegnati o ai più fedeli. Non voglio crederlo ! Sta di fatto che le occasioni di incontro collettivo vanno potenziate e il Consiglio dell' Ordine di Roma, considerata la assoluta insufficienza dei nostri organismi rappresentativi nazionali, non può rinunciare al ruolo di capofila della protesta forense privilegiando ragioni di competizione interna. Non so se il bilancio sia stato approvato; suppongo di sì ma non me ne importa.
Giorgio della Valle*
Avvocato del Foro di Roma
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