Se una legge non è oggetto di scienza è tuttavia un fatto nella storia e nei rapporti di forza all'interno della dialettica degli interessi. La domanda è, se non si vuole restare rinchiusi nella logica di Amleto; che fare?! Quali battaglie combattere e con quali alleati? Le analisi sulla dinamica socio-economica delle professioni, il sottoscritto le l'ha già fatta ed esposta: la società di massa, con l'espansione della domanda di tutela la delega di funzioni di uno Stato Nazionale, le nuove asimmetrie di conoscenza, la giustizia seriale, i bacini di domanda giudiziaria, la categoria delle tutele come sovra ordinante ogni forma di soluzione del conflitto: l'impoverimento economico e culturale, e fortunatamente, ampliate, migliorate ed approfondita da Colleghi sono entrate nel loro patrimonio cognitivo (anche se non è elegante mi cito: relazione al XXVI° Congresso Nazionale di Napoli "Avvocatura ed Enti locali"; XXVII° Congresso Nazionale di Firenze "L'Avvocatura nella società tecnologica"; 3° Conferenza Nazionale di Firenze "La Sfida dell'Avvocatura tra mercato e società civile"; 4° Conferenza Nazionale di Napoli "Modelli per un federalismo partecipato". Se non più reperibili presso l'OUA richiederli all'autore presso l'indirizzo mail:
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). Il punto nodale della crisi, e quindi il punto di partenza, deve essere individuato nella natura complessa dell'attività professionale così, come nel concreto - norme e prassi - realizzata nell'ordinamento e cioè nella commistione in un unico soggetto ed in unico ordinamento professionale di una funzione pubblica e di un'attività privata. L'esistenza di questa dicotomia percorre l'intera relazione che tende appunto a dimostrare come da un lato si sia accentuata la funzione pubblicistica nell'ambito della delega di funzioni pubbliche, che lo Stato via via non è più in grado di soddisfare; e dall'altro, sotto la spinta di poteri antagonisti e della crisi economia vi sia accentuata la componente privatistica dell'attività professionale sempre più assimilata, stante a mancanza di espresse riserve, attività reperibili su libero mercato. A riprova della fondatezza della tesi, e non volendo vestire penne di pavone, riporterò pedissequamente quanto scritto sul punto varrà la pena di citare V. Olgiati (in Tousuijn op. cit. pag. 97 s.s.: "La questione professionale"): "Il professionista legale - in quanto libero professionista - si trova pertanto nella ambigua posizione di chi, disponendo di talune guarentigie e di una sorta di privilegio, è pur soggetto ai limiti ed alle obbligazioni, sociali e giuridiche, che e derivano. D'altra parte in Italia il professionalismo legale presenta anche un'altra ambivalenza di fondo: la sovrapposizione di elementi pubblicistici e privatistici inerenti sia alla struttura, sia alla funzione dell'attività svolta". Sottolineo che il testo è del 1987; risale a 25 anni fa. L'ordinamento forense non appare quindi, e non è neppure suo compito, strutturato a risolvere questa lacerazione che è invece propria dell'attività professionale nella sua dinamica. Il sistema in generale va dunque riportato in equilibrio sia sul fronte dell'incremento della funzione pubblica delegata sia su quello dell'attività a vocazione privata. Sotto il profilo della funzione pubblica, il primo impegno deve essere quello di chiedere la riforma dei Consigli giudiziari su basi paritetiche quale punto di condivisione dell'organizzazione della giustizia come servizio; efficienza, razionalità, economicità e ritorno delle risorse sul distretto che le produce; eliminazione delle asimmetrie tra la giustizia civile e quelle di commercio. Questa la funzione sociale dell'Avvocatura nel processo altro che le funzioni ancillari sin ora delegate!. L'altro profilo necessita di un impegno più articolato e gravoso; quello di riequilibrare l'offerta con la domanda di giustizia; è da qui che nasce il recupero del consenso sociale e la possibilità di redditi adeguati "all'importanza dell'opera e al decorso della professione" (art. 2233, 2° c.c.). Dal lato dell'offerta questa è ormai sovra-dimensionata alla domanda e l'esplodere del numero ha vanificato anche quelle camere di compensazione che erano la difesa di ufficio ed il patrocinio dei non abbienti. Le modificazioni sociali con la ristrutturazione dello stato e delle imprese, avevano già ristretto il mercato del lavoro professionale, alluvionando le professioni di altrimenti potenziali, sia detto senza ironia o disprezzo, ottimi funzionari di banca o dello stato, giuristi d'impresa ecc....Peraltro via via dequalificati dalla insufficienza del cursus scolastico ed universitario. Dal punto di vista della domanda questa ha subito una evidente espansione, ma in quanto domanda di massa e seriale (i due termini esprimono però realtà diverse). Sono gli small claims che malgrado l'inesistente risposta dell'ordinamento - vedi il fallimento delle class actions all'italiana - hanno tuttavia garantito un minimo di attività; ma hanno anche "intasato" gli ordinari canali della giurisdizione pubblica. La crisi economica come già detto ha però ulteriormente ristretto l'area della domanda, specie nel settore per così dire "medio" con la crisi dell'artigianato, delle piccole e medie imprese, dell'attività edilizia e con gli assurdi gravami fiscali sulla proprietà e sui risparmi. Il vulnus non è soltanto valutabile in termini economici ma anche in termini sociali poiché inefficienza del sistema giustizia, a fronte della detta crisi induce i cittadini a relinquere la tutela dei propri diritti. Ma dal punto di vista professionale, che qui ci riguarda, appare evidente che l'attività dell'Avvocato sia nella funzione pubblica che nella parte privata non trova allo stato idonea ed armonica regolamentazione; questa sconta, come la dignità ed il rango dell'ufficio pubblico richiedono l'applicazione delle regole di questi munera proprie non solo nell'attività non riservata, ma addirittura nella qualità della vita privata (canone 56, I, 1), l'unicità di regole disegnate esclusivamente sulla funzione pubblica. L'ampliamento della domanda passa quindi dal recupero dei diritti e degli interessi relitti, dai cittadini ma impone una modificazione dell'agire professionale non più vocato prevalentemente alla giurisdizione pubblica, ma all'ampliamento delle tutele, intese come modalità di risoluzione dei conflitti, realizzate con procedure gestite da Avvocati liberi, autonomi e indipendenti, appositamente formati e deontologicamente garantiti; diffuse e in convenzione con corpi e territori. Per esemplificare garante del contribuente, difensore civico in funzione mediatrice, ampliamento della mediazione penale e familiare; poli-ambulatori del diritto, ampliamento del patrocinio dei soggetti in crisi economica; acquisizione di funzioni di garanzia o di supplenza per gli enti territoriali minori ecc... Basta non chiudersi in torri d'avorio o dire sempre no "a prescindere". Per esemplificare il problema riguarda i rapporti di lavoro subordinato e di collaborazione all'interno dello studio; il regime fiscale e finanziario, il delicatissimo problema della valutazione dello studio professionale come patrimonio il suo avviamento e la sua circolazione (tema che se non risolto sarà destinato a creare non poche turbative nelle attività associate). La stessa struttura della tariffa ormai non può prescindere dall'essere meglio strutturata in relazione alle due tipologie di attività. Anche le regole della concorrenza, peraltro già derogabili proprio in virtù della norma europea, hanno bisogno di essere diversamente articolate. In breve occorre riscrivere il capo II, del titolo III, del libro V del c.c., sostituendolo con un vero e proprio "Statuto dell'Avvocato" che appare l'unico strumento in grado di equilibrare le due tipologie di attività svolte dall'Avvocato senza dover pagare un prezzo troppo alto alla funzione pubblica. Lo Statuto dell'Avvocato è anche funzionale confermandone la funzione di avanguardia, allo "Statuto delle professioni", strumento per la ricostituzione del ceto medio. A cavallo fra le due istanze si pone la richiesta al Governo e, alle Regioni ed agli atri Enti pubblici, per quanto di loro competenza di garantire i fondi e le strutture per una selezione meritocratica; che privilegi la qualità e l'attitudine dei soggetti vocati alla professione in condizioni di parità reale, quel che ne sia la situazione di partenza in attuazione del precetto costituzionale. Per chiudere l'Avvocatura deve richiedere ai propri organi istituzionali una campagna di informazione in ogni modo e sede opportuna per chiarire ai cittadini come l'Avvocatura non meriti l'accusa di essere una corporazione chiusa ed insensibile e che chiarisca al volgo ed all'inclita come la sua funzione sociale meriti rispetto e non possa essere lasciata alla mercè di poteri antagonisti che scaricano in realtà le loro esigenze di ottimizzazione del profitto sulla cittadinanza con il mezzo e la scusa della inefficienza della giustizia. Per esemplificare e chiudere non posso non ricordare come proprio il nostro Pres. Alpa abbia redatto un dotto saggio dal titolo "Il costo dei servizi legali" (Contratto e Impresa, 2008, pag. 200 seguito da altro di egual tema di G. Carriero) che però è rimasto nel circuito dei pochi lettori così vanificando la puntuale dimostrazione che è falso l'assioma che servizi legali costituiscano un costo bruto per le imprese e non piuttosto un fattore positivo per la produzione. Ovviamente il costo dei servizi legali e cosa tutt'affatto diversa dalle disfunzioni della macchina amministrativa della giustizia. Con questa terza puntata si chiude la mia analisi della nuova legge professionale, con una proposta non futuribile ed astratta, ma concreta e realizzabile in tempi bevi sulla quale mi aspetto che i Colleghi aprano un fecondo dibattito. Viva l'Avvocatura.
Roberto Zazza*
Avvocato del Foro di Roma
Presidente Forum delle Professioni
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