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Habemus legem

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOE' tempo di conclave. Dunque anche l'Avvocatura dall'alto del Palazzaccio o dall'ultimo piano di Via Arenula potrebbe proclamare: Nuntio vobis gaudium magnum, habemus legem advocatorum. Solo che, letta la legge, di gaudio ne resta poco. E' un fritto misto della vecchia Legge Professionale del 1933 e del Codice Deontologico. Contiene solenni proclamazioni ma nessuna disposizione che consenta all'Avvocatura Italiana di uscire dalla morta gora in cui è sprofondata. A giudicare dalla impazienza con la quale era stata sollecitata e attesa, a giudicare dalla precipitosa approvazione a fine legislatura, sembrava dover risolvere tutti i problemi - tanti - della Avvocatura e per riflesso molte insufficienze - tantissime - della giustizia. Invece ha completato e confermato il quadro del totale disinteresse della classe politica per il funzionamento della giustizia e, nello specifico, dell'avvocatura la cui capacità operativa è, nello stato di diritto, presupposto necessario e ineludibile del funzionamento del sistema. Niente di nuovo nel testo che, dopo ottanta anni dal lontano 1933, si presenta con pretese di innovazione; nulla per la valorizzazione della professione più importante in democrazia. Ecco il quadro. Riduzione del tirocinio così da aumentare l'affollamento degli Albi; apertura alla pubblicità forense così da aumentare la confusione a danno della utenza; riserva di assistenza legale stragiudiziale agli avvocati di dubbia efficacia che non sosterrà la prova dei fatti; largo alla specializzazione questa di fatto già istituita dalla prudenza degli utenti e dal senso di responsabilità degli avvocati, una normativa incomprensibile sul patto di quota lite. Insomma c'è poco da rallegrarsi. Chi si aspettava novità capaci di restituire dignità e prestigio alla avvocatura resterà deluso. Solo l'avvocatura operante potrà impossessarsi del proprio altissimo ruolo. Fatta la legge professionale, chi ci salva dai tempi della giustizia che screditano l'avvocatura, dalla insufficienza del personale giudiziario e amministrativo, dai continui attentati alla esigenza di una giustizia rapida efficiente e moderna ? Chi ci salva dagli attentati della giurisprudenza cosiddetta di legittimità alla ammissibilità dei ricorsi (autosufficienza, motivazione per relationam, motivazione semplificata, quesito di diritto - questo per fortuna passato a miglior vita) attentati che hanno reso le camere di consiglio più affollate delle udienze di merito così da consentire la condanna a morte di centinaia di ricorsi? Chi ci salva dalle novità legislative bizzarre e inconcludenti, finalizzate solo alla riduzione del contenzioso, che si susseguono con frequenza mensile talvolta travolte dai fatti a causa della loro evidente incompatibilità con i principi di uno Stato a democrazia costituzionale o in ragione della incompetenza con la quale vengono elaborate e messe alla prova: conferma dell'interesse all'appello, giudizio di ammissibilità dell'appello, ricorribilità per Cassazione della sentenza di primo grado. mediazione obbligatoria, soppressione di tribunali ecc. ecc.? Chi ci salva dal quotidiano aumento del contributo unificato al quale, in violazione di ogni principio, si pretende di assegnare una funzione addirittura punitiva, alla faccia del diritto di tutti i cittadini, ricchi e poveri, all'accesso al sistema giustizia? Ma quelli che partoriscono queste "novità" hanno mai frequentato i Tribunali? O si tratta di feroci economisti assegnati alla Giustizia che hanno l'unico obiettivo di ridurre il sevizio e aumentare i costi? I nostri organismi sindacali tacciono o si accontentano di solenni interventi congressuali del tutto inutili se non accompagnati da iniziative "politiche". Sarebbe, per esempio, opportuno, tra l'altro, raccomandare ai giudici di smetterla di affollare il Parlamento e la Pubblica Amministrazione. La nuova legge professionale ha però codificato all'art. 39 il Congresso Nazionale Forense. Esso è nientedimeno "la massima assise dell'avvocatura italiana" (!!!) Tratta e formula proposte sui temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. Perbacco!! E quale credito e rilevanza avranno presso la classe politica e presso il legislatore le proposte dell'Avvocatura? Nell'art. 39 non è detto. Sicuramente nessuna. Si poteva forse fare uno sforzo in più attingendo al codice di deontologia degli Avvocati Europei che ha avuto il coraggio di affidare all'Avvocato la vigilanza "sul rispetto dello stato di diritto e gli interessi di coloro di cui difende i diritti e le libertà" (1. Preambolo – art. 1.1). Ma all'Avvocatura italiana sembra mancare ogni spinta ideale verso obiettivi così elevati che pure le sono intimamente connessi. Da ciò la conseguenza che il nostro dibattito è fioco, che i nostri interventi sono fugaci, che le nostre proteste sono fragili e non creano allarmi di sorta alla classe politica che continua a fare a meno del nostro contributo, quello che l'Avvocatura dovrebbe spendere operando in difesa dei più deboli e dei meno fortunati restando lontanissima dall'area del potere economico e politico. Ma ormai di fronte alla inerte inadeguatezza dei vostri rappresentanti non ci resta che invocare Sant'Ivo.

Giorgio della Valle*

Avvocato del Foro di Roma

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